Introduzione
Nel primo articolo ho mostrato, portando il mio stesso esempio, come l’Intelligenza Emotiva può essere allenata. Proprio come l’allenamento quotidiano è mirato fa crescere i nostri muscoli, allo stesso modo un allenamento specifico aumenta la consapevolezza e la gestione delle nostre emozioni.
Non si può prescindere dal lavoro personale, è la base di tutto.
Ma in questo articolo mi interessa approfondire come le capacità personali possano influire in modo positivo e produttivo all’interno di un Team aziendale.
Può sembrare insolito parlare di emozioni in ambito aziendale, di solito preferiamo sotterrarci piuttosto che mostrare le nostre debolezze. Del resto in certi ambienti può essere molto utile adottare delle protezioni al proprio essere interiore, qualcuno che vuole farti le scarpe o che semplicemente non sa tenere a bada la lingua oltre che le emozioni purtroppo lo trovi ovunque.
Ma queste giustificazioni per non far esplodere il mondo emotivo all’interno dell’azienda sono poca cosa in confronto a tutto quello che possiamo perdere in termini di crescita (personale e aziendale), di qualità dell’ambiente di lavoro e di produttività.
Riferimenti
Gli statunitensi sono molto bravi a verificare con i numeri tutte le proprie ipotesi, qui da noi ancora no (anche qui c’entrano le emozioni 😉). Quindi i numeri che riporto qui sotto con relative fonti sono purtroppo riferiti al mercato americano che è sicuramente diverso dal nostro soprattutto per la dimensione delle aziende.
Questo non significa che non siano da prendere in considerazione. Dal mio punto di vista il fatto che ci siano 10 dipendenti invece che 100 non facilità affatto le cose e, soprattutto, la carenza di IE nelle persone che dovrebbero guidare il gruppo determina a cascata una serie di conseguenze disastrose che avremo modo di vedere.
Intanto condivido con te tre link relativi all’utilizzo dell’Intelligenza Emotiva nei processi aziendali:
- Il primo è il sito web di SixSeconds dedicato espressamente allo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva in azienda. EQbiz – https://eqbiz.it/
In questo portale web puoi trovare tantissime informazioni e articoli su come l’Intelligenza Emotiva può aiutare te e il tuo Team a crescere e migliorare di conseguenza le performance aziendali.
- Il secondo è una video intervista di Ilaria Iseppato di Six Seconds per l’approccio alla ricerca e selezione del personale. https://youtu.be/tqE6OhlsagU?si=EqwMFSs9ag_GZlrP
- Il terzo link è sempre un’intervista di Ilaria Iseppato per l’utilizzo dell’Intelligenza Emotiva sulla pianificazione strategica nelle aziende, in relazione alle operazioni straordinarie. https://youtu.be/G06SQym8wCw?si=f_MGkCWtmO_9RgIF
I link possono aiutarti a fare i primi passi all’interno di un approccio alle dìnamiche aziendali che sta avendo sempre più successo in virtù dei risultati ottenuti.
In questa prima parte del mio contributo allo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva in azienda, faccio riferimento ad un studio made in U.S.A. e all’analisi in ottica IE effettuata sul sito di Six Seconds.
L’articolo originale in lingua inglese, dove trovi l’analisi di questi e altri grafici effettuata da Six Seconds è a questo link:
https://www.6seconds.org/2024/06/18/emotional-intelligence-at-work-managers-meaningful-feedback/
Lo studio è stato condotto da “Gallup” su un campione di 2.729 manager e 12.710 impiegati.
L’articolo originale in lingua inglese relativo allo studio effettuato è a questo link:
https://www.gallup.com/workplace/645299/strengths-weaknesses-blind-spots-managers.aspx
Prima dei numeri
La mia personale esperienza, si parte da qui non c’è niente da fare, è che se io cambio … cambia il mondo interno a me. Fosse soltanto per i nuovi occhi con i quali ci approcciamo ad esso, alle relazioni, ai problemi etc.
Il nostro cambiamento di per sé ha come conseguenze che le stesse attività, le stesse persone, gli stessi ambienti di prima vengono giudicati dal nostro cervello in modo diverso.
Ma il cambiamento è più vasto.
Le stesse attività. Le stesse persone e gli stessi ambienti vengono modificati dalle nostre azioni e dal nostro linguaggio, il che crea reazioni a catena inarrestabili.
Gli esiti? Chiaramente dipende dalla tipologia di novità che apporto. Se ad esempio inizio a maltrattare i collaboratori per un nuovo problema che mi capita sul groppone, le conseguenze dei nuovi atteggiamenti non potranno che generare reazioni disfunzionali all’ambiente lavorativo e alla sua produttività.
E se invece sfruttassimo le conoscenze trasmesse dall’Intelligenza Emotiva (e mi riferisco sempre al modello Six Seconds)?
Cerchiamo di capire cosa potrebbe accadere nella nostra azienda, nel nostro ufficio.
Intanto si parte sempre dal “leader”, che sia il titolare o il responsabile di settore o di progetto, intendo chiunque abbia un team di persone da gestire e motivare. Non a caso la produttività di team si migliora solitamente migliorando le performance manageriali.
IE (questa sconosciuta)
La società di ricerche statunitense Gallup individua 4 diverse angolazioni per verificare le risposte e i comportamenti dei manager. Ci sono dei PUNTI DI FORZA che vengono ugualmente riconosciuti sia dai manager che dagli impiegati. Così come ci sono PUNTI DI DEBOLEZZA che vengono evidenziati da entrambi.
Ma ci sono naturalmente anche competenze che vengono valutate in modo opposto dai manager (sopravvalutandosi o sottovalutandosi) e dagli impiegati.
Comunque, in tutti i casi considerati, la percentuale dei manager che ritengono soddisfacenti i risultati raggiunti sono sempre superiori alla percentuale degli impiegati.
La forchetta a mio avviso fornisce di per sé un dato molto importante. Le aspettative reciproche non sempre vengono soddisfatte e questo è sicuramente il segno di una comunicazione aziendale lacunosa.
Per questo motivo l’articolo riportato sul sito di SixSeconds evidenzia la carenza da parte dei manager di competenze di Intelligenza Emotiva e Coaching.
Queste due skills devono ormai far parte del bagaglio di qualsiasi persona abbia l’onore di guidare un team.
D’altro canto, le stesse competenze di Intelligenza Emotiva sono sconosciute alla gran parte degli impiegati. Questo rende ancora più difficile la comunicazione e allarga il divario tra le reciproche aspettative. Ciò potrebbe essere dovuto alla scarsa capacità di empatizzare con l’altro e comprende le motivazioni e i comportamenti, e ha come conseguenza principale l’incapacità di dare feedback onesti e costruttivi in maniera continuativa.
Questa assenza della cultura del feedback è forse il problema più grave per un’azienda che voglia sviluppare le sue risorse e la sua produttività.
Non a caso … quali sono i punti di debolezza riconosciuti da entrambi (manager e impiegati)?
Punti deboli riconosciuti sia dai manager che dagli impiegati |
||
Sono totalmente d’accordo | ||
% manager | % impiegati | |
E’ stato dato un Feedback chiaro ed eloquente nell’ultima settimana per ogni membro del team? | 28% | 22% |
Si sono tenute discussioni chiare ed eloquenti sui punti di forza dei membri del team negli ultimi tre mesi? | 28% | 27% |
Il team è stato gestito in maniera da permettere performance eccellenti? | 32% | 22% |
Sono stati rimossi gli ostacoli che impedivano performance eccellenti? | 35% | 24% |
Si vede chiaramente come queste competenze siano legate strettamente alle skills di Intelligenza Emotiva e Coaching. Una carenza (consapevole) che fatica ad essere colmata o che viene messa in secondo piano. Considerando che anche la forbice di questa percezione è meno ampia che per altre competenze andrebbe valutata seriamente la possibilità di lavorare su queste skills.
In effetti l’analisi dello studio potrebbe risolversi su questo punto. Organizzare sessioni di feedback settimanali per permettere la crescita di entrambi manager e impiegati. Praticamente solo un quarto degli intervistati ritiene che si lavori a sufficienza su questo punto. Se posso azzardare un’opinione, che purtroppo non è basata su nessun fatto dato che non abbiamo studio di questo genere in Italia, direi che nel nostro Paese queste percentuali sarebbero ancora più basse.
Credo che la cultura del feedback sia estremamente bassa, considerando anche i tempi che stiamo vivendo in cui mi sembra che sempre di più le persone si chiudano a difesa del loro operato e si ha la tendenza a spostare il problema sulle giustificazioni e all’esterno. Una cultura del “vittimismo”, insomma, proprio quello che un’azienda dovrebbe temere maggiormente.
Quando i manager sono troppo sicuri di sé stessi
Un altro aspetto importante è rappresentato dalle domande in cui la forchetta tra la percezione dei manager e quella degli impiegati si allarga. Una grossa percentuale dei manager ritiene di aver fatto un ottimo lavoro che non viene invece riconosciuto dagli impiegati.
Dove i manager sono troppo sicuri di sé stessi | ||
Sono totalmente d’accordo |
||
% manager | % impiegati | |
E’ stato dato riconosciuto formalmente agli impiegati quando hanno svolto un buon lavoro? |
59% |
35% |
Venegono dati feedback settimanali per il lavoro svolto? |
50% |
20% |
Viene costruito un team improntato alla collaborazione? |
42% |
30% |
A mio avviso stiamo parlando sempre della medesima questione. Anche se in questo caso i manager sopravvalutano le proprie performance.
Punti di forza
Invece, dove sono le skills che vengono valutate come punti di forza da entrambi i gruppi?
In questo caso stiamo parlando di competenze strettamente connesse alla parte operativa.
Punti di forza riconosciuti da entrambi i gruppi | ||
Sono totalmente d’accordo |
||
% manager |
% impiegati |
|
Il manager risponde alle chiamate e ai messaggi entro 24 ore? |
72% |
51% |
Riguardo la qualità dei feedback, sono veramente di aiuto? |
69% |
50% |
Il manager si fa carico di ogni tipo di problema? |
53% |
45% |
Il manager conosce i progetti e il loro stato di avanzamento? |
50% |
44% |
Mette l’enfasi su come il lavoro svolto impatta sui clienti? |
46% |
40% |
Mette il campo tutte le risorse necessarie a compiere il lavoro? |
42% |
40% |
Conclusioni
Concludo qui la prima parte dell’articolo.
Considerando che le “relazioni” sono ormai considerate le spinte principale al successo personale e aziendale, i numeri ci dicono che preferiamo non affrontare i nodi principali che costruiscono, mantengono e migliora.no le relazioni.
Questi nodi fanno tutti capo alle nostre competenze emotive.
Nella seconda parte dell’articolo metterò da parte i numeri e parlerò della mia esperienza personale … e non solo. A presto